La mia non è solo una casa ma è un contenitore della storia della mia famiglia. Spesso gli ospiti rimangono affascinati dalla vecchia macchina fotografica di fine Ottocento che si trova sul pianerottolo, la guardano, stupiti di trovare lì un oggetto da museo.
Ma per me quell’oggetto fa parte della famiglia, ne fa parte da prima che io nascessi, e quando nel 2006 lo studio fotografico in viale Trastevere è stato chiuso, dopo ben 91 anni di attività della nostra famiglia, l’ho portata a casa. All’inizio non sapevo affatto dove collocarla, poi l’ho messa dove tutti i miei ospiti la possono vedere per raccontare loro la nostra storia.
Quando Luca Rinaldi venne a Roma da Ronciglione era il 1910, il suo sogno era diventare fotografo e sposare la sua innamorata Elvira. Entrambe le cose non sembravano fattibili: la prima perché lui non aveva fotografi in famiglia cui appoggiarsi, la seconda perché lui non aveva soldi, mentre Elvira apparteneva a una famiglia benestante. Così scapparono, arrivarono a Roma a casa di alcuni zii di lei, si sposarono con pochi inviatati in una cappella laterale della magnifica basilica di San Giovanni in Laterano, e Luca iniziò a lavorare come apprendista in una bottega in centro. In pochi anni imparò il mestiere, e quando si presentò l’occasione il suo maestro gli segnalo uno studio fotografico di viale Trastevere (all’epoca chiamata viale del Re), che stava chiudendo. Luca rilevò quell’attività e con essa la macchina fotografica che si trova all’interno. In quegli anni abitavano a borgo Pio, sotto al Cupolone, in una casa in affitto, dove la famiglia si arricchì di tre bambine, Anna, Maria Luisa e Romolina. Ma ben presto gli affari iniziarono ad andare così bene che Luca decise di acquistare un villino di nuova costruzione in un quartiere poco distante da Trastevere, Monteverde vecchio, da cui si poteva raggiungere lo studio a piedi. Quando la famiglia si trasferì, la nuova sistemazione non fu accolta bene dalle donne di casa Rinaldi. La casa era bella, ma all’epoca si trovava in una zona di nuova costruzione: di fronte c’era un prato che digradava verso il Tevere; dietro un’altra fila di villini e poi ancora un prato. Elvira e le tre figlie, abituate al chiasso della zona vaticana, si sentivano perse nelle silenziose notti monteverdine. Erano gli ultimi anni Venti, e quando mi siedo in giardino, se chiudo gli occhi mi sembra di sentire le vocine delle bimbe che giocano in giardino con gli amati gatti di Elvira e il cinguettare di uccelli o il frinire delle cicale. Gli anni passarono in fretta, come sempre, e le due figlie maggiori divennero fotografe come il papà, per aiutarlo nella conduzione dello studio che allora si avvaleva anche di numerose lavoranti, mentre la più giovane non volle mai saperne, preferendo dedicarsi allo studio della musica, pianoforte e fisarmonica soprattutto. Se penso alla loro storia, alla fortuna che il mio bisnonno si costruì dal nulla, mi sembra ancora più incredibile: all’epoca il lavoro di fotografo era un lavoro manuale, si doveva manovrare la grande macchina fotografica, caricare e scaricare i negativi nello chassis, ritoccare i negativi e poi stampare e ritoccare le foto, che a volte venivano anche colorate a mano. Spesso dietro le persone si mettevano sfondi con paesaggi oppure oggetti, poltrone e tavolini per creare un’ambientazione. Luca faceva tutto questo con un braccio solo, perché quando era bambino aveva perso l’uso del braccio sinistro per uno sfortunato effetto collaterale
del vaccino contro il vaiolo.
Oggi questa vecchia casa, più volte ristrutturata e adeguata alle nuove esigenze della quotidianità, ma sempre rispettata e mai stravolta, accoglie me e la mia famiglia ai piani inferiori, mentre il secondo e il terzo piano accolgono da oltre un decennio persone provenienti da tutto il mondo, offrendo loro un angolo di osservazione particolare su una Roma inedita e genuina, non toccata dai processi di standardizzazione che hanno piegato la città ai bisogni del turismo di massa. Sulle terrazze che si affacciano sui giardini fioriti e profumati circostanti, ospiti di tutte le età trovano un quieto rifugio in cui ristorarsi dopo una giornata trascorsa tra le bellezze maestose e talvolta decadenti di una città che mantiene intatta da oltre duemila anni la propria capacità di attrarre e sedurre il viaggiatore.
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Bellísima !!