Di recente ho ascoltato il podcast “L’invasione” pubblicato da Il Post e curato da Luca Mesculin.
Si tratta della storia degli studi sulla civiltà Yamnaya e sulla lingua proto indeuropea da cui discendono quasi tutte le lingue.
Partendo dagli studi dei primi del 1800, fino alle più recenti scoperte.
Tutto il podcast è davvero molto interessante , curato benissimo e con tutte le fonti citate.
Ecco il link per chi lo volesse ascoltare.
Quello che mi ha davvero stupita però è la parte finale che racconta la storia dell’ospitalità e di come sia stata una risorsa fondamentale alla base della nostra cultura, addirittura la caratteristica che le ha permesso di espandersi e perdurare.
Provo dunque a riassumervela qui.
Oggi in giro per il mondo esistono più di 7000 lingue diverse e chissà quante di loro sono scomparse senza lasciare alcuna traccia, eppure metà della popolazione mondiale, circa tre miliardi di persone parla lingue che discendono tutte da un unico antenato; una lingua arrivata in Europa 5000 anni fa da cui hanno avuto origine l’italiano, l’inglese, il francese, lo spagnolo, ma anche l’irlandese, il lituano, il russo, e se usciamo dall’Europa anche l’hindi, l’urdu, il panjabi e il farsi – appartengono tutte alla stessa famiglia e cioè condividono la stessa lingua antenata. Questa lingua era parlata da un gruppo di persone che apparve all’orizzonte dai confini dell’Europa (le steppe tra il Danubio e gli Urali dell’attuale Ucraina).
Un giorno di migliaia di anni fa insieme alla propria lingua queste persone si spostarono e si portarono dietro anche i propri miti e una visione precisa della società: gli uomini saldamente al comando, la cultura del cavallo alla base di tutto e l’invenzione del carro.
Nel giro di qualche secolo questo popolo è riuscito a imporre la propria lingua, non soltanto nel continente europeo ma anche a migliaia di chilometri di distanza.
Questa storia racconta di queste persone chiamate indoeuropei ma il cui nome preciso è Yamnaya.
Per molto tempo (teoria Gimbutas) per spiegare l’incredibile influenza di questo popolo si è pensato ad un’invasione violenta con il conseguente genocidio dei popoli agricoltori che precedentemente popolavano l’Europa.
Gli Yamnaya, violenti patriarcali allevatori a cavallo che avevano sterminato i pacifici europei agricoltori matriarcali inermi.
Le recenti scoperte hanno ormai dimostrato che non è andata così.
Mettendo insieme le prove: archeologi, linguisti, antropologi e genetisti parlano oggi di una mescolanza fra invasori e invasi, una migrazione e non un’invasione, descrive gli enormi e vastissimi movimenti umani avvenuti in Europa dopo i 10’000 a.C..
Le persone che parlavano proto indoeuropeo penetrate in Europa a partire dal 3000 a.C. si sono spostate in cerca di terre, pascoli, spazi dove mettere su famiglia; in definitiva in cerca di condizioni di vita migliori.
È possibile che in una prima fase ci siano stati scontri con le comunità già presenti di antichi agricoltori con cui sono venuti in contatto, ma nei secoli successivi al loro arrivo, in tutta Europa erano ormai nate società miste, integrate ed eterogenee dal punto di vista genetico, archeologico e linguistico, esattamente quello che ci aspetteremmo dopo una migrazione.
Come riuscirono queste persone a portare in Europa una precisa idea di società?
E in definitiva, come hanno fatto a lasciare una traccia per certi aspetti indelebile nella storia europea?
Non ne siamo certi abbiamo però due possibili risposte che peraltro non si escludono affatto l’una con l’altra: una proviene dalla prospettiva delle scienze naturali come la biologia, l’altra proviene da quelle sociali.
Negli ultimi anni stanno emergendo sempre più prove che appena uno o due secoli prima dell’arrivo degli Yamnaya in Europa gli antichi agricoltori europei fossero già stati decimati da una pandemia di peste. Secondo questa teoria gli Yamnaya avrebbero trasmesso la loro lingua, e sarebbero riusciti a imporre il loro modello di società agli antichi agricoltori europei perché questi ultimi erano già in declino per via della peste.
L’altra possibile risposta invece ha a che fare col modello sociale degli Yamnaya che potrebbe averli portati a mischiarsi spontaneamente con le comunità di antichi agricoltori europei.
L’ospitalità in protoindoeuropeo aveva una parola *ghostis, “ospite” (cfr . inglese guest, latino hostis e hospes da un arcaico *hosti-petis) cioè ospite, che nelle varie lingue indoeuropee è sopravvissuta come il latino hostis o tedesco gast ed ha dato esito sia a parole con significato di ospite, nel senso di persona ospitata, sia di ospite nel senso del padrone di casa che garantisce accoglienza.
Questo perché nelle più antiche tradizioni indoeuropee giunte fino a noi, come ad esempio quella greca, l’ospitalità era concepita non come una tradizione che si compiva una tantum verso gli altri per buona educazione, ma come una vera e propria relazione reciproca che stabiliva una amicizia duratura tra singoli.
Oppure era un’alleanza istituzionalizzata tra clan: oggi io e la mia famiglia ospitiamo te e la tua famiglia perché domani saremo io e la mia famiglia ad avere bisogno della vostra ospitalità.
Secondo alcuni linguisti questa parola prodotta ghostis ospite potrebbe a sua volta avere al suo interno la radice che significava mangiare, e quindi essere legata alla commensalità, questo perché la legge dell’ospitalità richiedeva che per prima cosa alle persone sopraggiunte si offrisse del cibo e da mangiare, anche prima di chiedere da dove venissero o che cosa cercassero.
È una mentalità che si vede ancora chiaramente nell’Iliade e nell’Odissea ad esempio dove violare questi comportamenti è considerata una cosa gravissima.
I miti delle tradizioni indoeuropee sono infatti pieni di divinità ed esseri umani ,che si ospitano a vicenda con fare cerimonioso, ma sono anche pieni di personaggi o mostri che infrangono queste leggi dell’ospitalità e vengono per questo puniti duramente.
Pensate al ciclope Polifemo dell’Odissea che trova in casa Ulisse e i suoi compagni ,e invece di offrirgli da mangiare si comporta in maniera mostruosa e comincia lui stesso a divorarli comportandosi da cattivo padrone di casa che si nutre dei propri ospiti invece di nutrirli.
Sarà duramente punito per il suo crimine venendo accecato da Ulisse.
Joseph John Campbell, il più grande specialista di mitologia indoeuropea del secolo scorso, ha individuato diversi paralleli tra questa storia greca di ospitalità tradita e altre storie simili in lingua indoeuropea come il poema antico inglese Beowulf per esempio.
L’epica è piena di storie di mostri che si presentano a mangiare a casa degli altri senza essere stati invitati.
Per un capo stringere alleanza di questo genere era necessario per avere a disposizione anche durante i propri spostamenti spazi delimitati in cui far pascolare le proprie bestie e stabilirsi anche solo temporaneamente con la propria gente.
Ottenere questi spazi con la violenza e la guerra ovviamente era una possibilità, ma un’altra opzione, probabilmente quella più diffusa, era quella di stringere legami di ospitalità e accordi di mutuo aiuto con persone che non facevano parte del proprio clan.
Quella degli Yamnaya era una società per certi versi molto predisposta all’interazione con gli stranieri e alla loro integrazione per mezzo di rapporti di ospitalità, alleanze e matrimoni misti.
È più che possibile che sia stato questo aspetto a permettere che il modello di società degli Yamnaya e le loro lingue venissero adottati dal numero sempre maggiore di comunità dando origine a gruppi umani misti dal punto di vista linguistico archeologico e genetico, erano predisposti al contatto col diverso.
Anzi erano favorevoli all’integrazione vera e propria all’interno delle loro comunità di persone di provenienza diversa, e ciò ha determinato il loro successo.
La storia umana, e in particolare quella europea, è fatta di violenza, di conflitti, di contrapposizioni: l’abbiamo imparata così a scuola, come una lunga catena di invasioni e di battaglie decisive.
Esiste però un altro aspetto, meno raccontato, di questa nostra società: quello della migrazione, dello spostamento, della convivenza, dell’incontro, dell’ospitalità.
È una dinamica che condiziona le nostre vite da migliaia di anni e forse non gli dedichiamo sufficiente attenzione.
Sta a noi però decidere da quale di questi due aspetti, che probabilmente sono stati i due lati della stessa medaglia, lasciarci ispirare.
2 Comments
Ancora una volta dobbiamo imparare dal passato.
Grazie per questo articolo